“F” come febbraio, come il mio nome, come quella cosa che si chiama felicità che tutti (in)seguiamo e che sembra nascosta, ma solo perchè a volte la cerchiamo nei posti sbagliati.
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I primi assaggi e scampoli del 2019 voglio pensarli così: come una colazione. Come il pasto che introduce, che apre la giornata, che segna tutto il suo svolgimento. Quando sul corpo si sente ancora il tepore del sonno, quando si dà il primo sguardo sul mondo che ci aspetta.
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Certezza e carezza fanno rima. Non per caso. La prima ha un tronco robusto che regge tutto l’albero, la seconda ha una piuma sulla schiena che solletica. Eppure si toccano, si incrociano. Si trovano.
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Settembre sta scivolando via come le maree che ho visto questo agosto in Normandia, quando si ritraggono piano e lasciano scoperta la sabbia. Millimetro dopo millimetro, l’acqua indietreggia e svela, rivela. Orme, legnetti, conchiglie, solchi, residui di qualcosa che vuole (re)stare lì e lasciare una traccia.
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Baciami la linea del collo, la curva della spalla, le ossa sporgenti che sanno. Baciami prima dove arriva il sole, poi nei punti più in ombra, dove sono disegnati i rami. Bacia l’angolo dove sono rimasti intatti i sogni.
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È particolare la luce di maggio. Di questo maggio. Non si lascia afferrare facilmente, gioca più del solito. Più che farsi trovare, vuole essere colta. Seguita. Forse capita, forse solo semplicemente amata. Così come è.
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“Ma l’irrequieto vento del Nord non era ancora soddisfatto. Parlava a Vianne di città ancora da visitare, amici bisognosi da scoprire, battaglie da combattere… da qualcun altro, la prossima volta”. (dal film Chocolat di Lasse Hallström) Si è fatto più sottile della carta velina e più leggero di una piuma, silenzioso e impalpabile, come un…
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“Ada sa che ci sono cose che, quando iniziano, fanno rumore. E quando sente quel rumore, si ferma e ascolta. Ascolta il rumore delle cose che iniziano. (…) … e, per distinguere le cose che finiscono da quelle che iniziano, aveva imparato a stare attenta. Aveva capito che le cose, quando finiscono, lo fanno in silenzio. Mentre…
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La volta scorsa avevo messo il sole nel piatto e mi ero lasciata baciare dai suoi raggi intensi. Adesso, invece, mi concedo un po’ di ombra e vi porto in un luogo riparato, con qualche piuma che può essere usata come ventaglio.
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Non sempre ce ne accorgiamo, ma le credenze seguono tutti i nostri movimenti e gesti, appoggiate al muro o incastonate negli angoli, con le gambe ben ferme a terra, a mostrare l’importanza della solidità. Sono lì apposta, a far(ci) vedere che è necessario avere una struttura forte per guardare davanti a sè senza piegare la…